I COSTI DELLO SMART WORKING SOSTENUTI DAL DATORE DI LAVORO
A seguito della pandemia, l’uso dello Smart working viene incoraggiato e, di conseguenza, aumentano i costi che bisogna sostenere nel contesto di questa modalità di lavoro. La questione, quindi, di come pagare i costi di un dipendente che lavora in smart working si porrà con maggiore frequenza.
Ai sensi dell’articolo L1222-10 del Codice del Lavoro, il datore di lavoro è tenuto a rispettare nei confronti del dipendente in smart working tutti gli obblighi di diritto comune che deve a tutti gli altri dipendenti.
Tuttavia, per il dipendente in smart working, come per tutti gli altri dipendenti, la Corte di Cassazione ha ,da tempo, stabilito il principio per il quale le spese professionali devono essere a carico del datore di lavoro. La corte di Cassazione ha recentemente confermato che qualsiasi clausola contraria, infatti, sarà considerata non scritta.
Pertanto, tutte le spese sostenute dal dipendente per le esigenze dell’attività professionale devono essere pagate dal datore di lavoro, anche per il dipendente che lavora da casa.
Inoltre, l’Accordo Nazionale Interprofessionale del 19 luglio 2005 prevede all’articolo 8 che i rappresentanti del personale e le autorità amministrative competenti abbiano accesso al luogo di smart working.
E’, quindi, ipotizzabile che un medico del lavoro possa avere accesso al domicilio del dipendente che lavora da casa e decidere un adeguamento fisico della postazione di lavoro.
Le misure da adottare saranno ancora una volta di competenza del datore di lavoro.
QUALI SONO I COSTI PROFESSIONALI DELLO SMART WORKING?
Data la commistione tra la sfera privata e quella professionale nel contesto dello smart working, è importante sapere come valutare ciò che è una spesa professionale.
A questo proposito, l’URSSAF ha elaborato una tabella per la valutazione delle spese sostenute da un dipendente in smart working che consente al datore di lavoro di sapere cosa è coperto dal rimborso spese con la conseguente esenzione sociale e al dipendente di avere un’idea del livello di sforzo che il suo datore di lavoro sarà in grado di fare. Unendo i dati offerti dall’URSSAF e dalla giurisprudenza più recenti, si possono considerare come spese professionali a carico del datore di lavoro:
- Una quota dei costi fissi come l’affitto, la tassa sull’abitazione, assicurazione multirischio sulla casa: in particolare una quota di tutti i costi fissi effettivamente sostenuti per i locali utilizzati a fini professionali in proporzionale alla superficie totale dell’abitazione principale;
- Una quota dei costi variabili come il riscaldamento e l’elettricità sempre effettivamente sostenuti per i locali utilizzati a fini professionali;
- Spese per l’eventuale acquisto di mobili come lampade da ufficio, sedia ergonomica etc;
- Costi relativi all’adeguamento dei locali come spese di diagnosi di conformità elettrica;
- Costi di connessione alla rete telefonica, costi di abbonamento (internet, telefono etc);
- Spese per la manutenzione dell’attrezzatura informatica personale del dipendente utilizzata da quest’ultimo nel contesto dello smart working (articolo L1222-10 del Codice del lavoro);
- Rimborso delle spese e indennità per l’occupazione professionale dell’abitazione: in particolare, per quanto riguarda l’indennizzo del dipendente per l’occupazione della sua casa, i giudici hanno ritenuto che quando lo smart working è istituito su richiesta del datore di lavoro, quest’ultimo deve indennizzarlo per questo particolare disagio e per le spese generate dall’occupazione della casa a titolo professionale. La Corte di Cassazione sembra quindi accettare che il datore di lavoro sia responsabile non solo delle spese sostenute per l’occupazione dell’abitazione per motivi professionali, ma anche di un’indennità legata a questo particolare disagio;
- Costo del viaggio tra l’abitazione del dipendente che normalmente lavora in smart working e la sede dell’azienda: per un dipendente che abitualmente lavora in smart working, il viaggio verso la sede del datore di lavoro costituisce un viaggio di lavoro, il cui costo deve essere sostenuto dall’azienda;
- Buoni pasto: se il dipendente che lavora in smart working ha una giornata organizzata in due turni con una pausa per il pasto, deve beneficiare dei buoni pasto, a patto che gli altri dipendenti dell’azienda ne beneficino. Ma viene ritenuto accettabile che i dipendenti che lavorano da casa ricevano buoni pasto di importo inferiore rispetto a quelli ricevuti dai dipendenti che si trovano più lontani dal luogo di lavoro;
Costi dello smart working: modalità di rimborso delle spese professionali sostenute:
È stato stabilito che il datore di lavoro può versare al dipendente una somma forfettaria a titolo di rimborso delle spese professionali, a condizione che tale somma non sia chiaramente sproporzionata rispetto alle spese effettivamente sostenute.
L’URSSAF ha stabilito dei particolari limiti entro i quali tale indennità forfettaria è esente da contributi sociali (10 euro al mese per un dipendente che effettua un giorno di Smart working a settimana che aumentano proporzionalmente al numero di giorni effettuati in smart working). Quando l’importo pagato dal datore di lavoro supera questi limiti, l’esenzione dai contributi previdenziali sarà possibile solo dietro presentazione di documenti giustificativi. In assenza di tali documenti, il datore di lavoro sarà soggetto a un adeguamento fiscale.
Avv. Aurora Visentin e Giada Ricci
Avvocato di Parigi specializzato in diritto del lavoro