Nuova definizione di co-datore di lavoro
La totale perdita di autonomia di azione di una società controllata nella conduzione della gestione economica e sociale della propria attività caratterizza un’anomala interferenza permanente della capogruppo, e ciò costituisce una forma di co-impiego.
All’interno di un gruppo, i dipendenti sono impiegati solo dalla società filiale che li ha assunti.
Quest’ultima è l’unica debitrice dei diritti e degli obblighi derivanti dalla sua qualità di datore di lavoro: i dipendenti non possono pretendere dalla capogruppo l’adempimento di tali obblighi.
Può essere, quindi utile per il dipendente di far riconoscere che questa capogruppo, terza parte del contratto di lavoro, è in realtà un co-datore di lavoro, in particolare per i dipendenti licenziati per motivi economici: essi possono quindi chiedere l’adempimento degli obblighi che ne derivano (riclassificazione, indennità di licenziamento, attuazione del PSE, etc.) ed anche chiedere il risarcimento dei danni in caso di inadempienza.
Tuttavia, la situazione di coimpiego viene ricoosciuta dal giudice solo in casi eccezionali, sulla base di una valutazione restrittiva dei criteri di riconoscimento basata sulla necessità di una triplice confusione: confusione di interessi, attività e gestione manifestata da un’ingerenza della capogruppo nella gestione economica e sociale della propria controllata (Cass. soc., 2 luglio 2014, n. 13-15.208; Cass. soc., 6 luglio 2016, n. 14-27.266).
Con decisione del 25 novembre 2020, la Corte di Cassazione ha fornito una nuova definizione di co-datore di lavoro, basata sulla permanente ingerenza della capogruppo nella gestione economica e sociale e sulla totale perdita di autonomia di azione della filiale controllata.
Il Caso: capogruppo considerata co-datore di lavoro
All’origine dei fatti, i dipendenti di una filiale vengono licenziati per motivi economici a seguito della cessazione dell’attività aziendale.
I dipendenti contestano il loro licenziamento per motivi economici e portano il loro caso davanti al tribunale del lavoro, dinanzi al quale chiedono il risarcimento dei danni contro il loro datore di lavoro (filiale controllata) ma anche contro la capogruppo, invocandone lo status di co-datore di lavoro.
La Corte d’Appello si pronuncia in loro favore e rileva che una situazione di co-impiego é caratterizzata da :
- la gestione delle risorse umane della controllata da parte del rappresentante della capogruppo, senza che sia dimostrata l’esistenza di specifiche istruzioni da parte della holding;
- accordi di cash management e di assistenza, in cambio di una remunerazione tra le due società;
- l’assunzione di decisioni commerciali e sociali da parte della capogruppo nell’esercizio della presidenza della controllata;
- l’acquisizione di attività della controllata da parte della capogruppo, a proprio vantaggio o a vantaggio di altre controllate, a condizioni svantaggiose per la controllata;
- il finanziamento della procedura di licenziamento per esubero economico da parte della capogruppo.
L’intervento della Corte di Cassazione
L’analisi della Corte d’appello é parzialmente censurata dalla Corte di Cassazione, che ritiene che tali elementi non consentano di caratterizzare una situazione di co-impiego (“co-emploi”).
Nella nota esplicativa che accompagna la presente sentenza, la Corte di Cassazione afferma che le cause ad essa sottoposte negli ultimi anni “testimoniano la persistente difficoltà per i giudici di cogliere i criteri definiti dalla Sezione Sociale della Corte e, conseguentemente, di caratterizzare l’esistenza o meno di una situazione di coimpiego”.
Interferenza permanente della capogruppo e totale perdita di autonomia di azione da parte della controllata: nuovi criteri di co-impiego
La Corte di Cassazione ritiene che una società appartenente ad un gruppo possa essere classificata come co-datore di lavoro del personale impiegato da un altra società, filiale, se esiste una condizione precisa.
Al di là del necessario coordinamento delle azioni economiche tra le società appartenenti al medesimo gruppo e dello stato di dominio economico che l’appartenenza al gruppo può generare, deve esistere un’interferenza permanente della capogruppo nella gestione economica e sociale della filiale, con conseguente perdita totale di autonomia d’azione di quest’ultima.
La Corte di Cassazione ritiene ora che “è la perdita di autonomia di azione della controllata, che non ha il reale potere di condurre la propria attività nel campo della gestione economica e sociale, che è determinante per caratterizzare un’anomala interferenza permanente da parte della società controllante, e cio’ costituisce una situazione di co-impiego, che giustifica quindi che il principio dell’indipendenza giuridica delle persone giuridiche venga eccezionalmente neutralizzato“.
Nella presente causa, pur rilevando l’anomala interferenza della capogruppo nella gestione sociale ed economica della controllata, la Superma Corte rileva che gli elementi rilevati dai giudici della Corte d’Appello non sono sufficienti a caratterizzare l’interferenza permanente della capogruppo con conseguente perdita totale di autonomia di azione da parte della controllata.