I DIRITTI DEL DIPENDENTE IN CASO DI LICENZIAMENTO IN ITALIA
Un lavoratore può essere licenziato dal suo impiego per varie ragioni, tra cui giusta causa, giustificato motivo soggettivo o motivo oggettivo.
È essenziale comprendere i diritti del lavoratore in caso di licenziamento in Italia in base alla legislazione pertinente.
Innanzitutto, è fondamentale notare che il licenziamento deve essere formalmente comunicato al lavoratore attraverso una lettera scritta, firmata dal datore di lavoro, e le motivazioni del licenziamento devono essere chiaramente indicate.
Dopo aver ricevuto la comunicazione di licenziamento, il lavoratore ha la possibilità di contestare la decisione del datore di lavoro. Questa contestazione non richiede formalità particolari e può essere fatta in modo generico, senza la necessità di assumere una posizione specifica riguardo agli eventi contestati. È possibile affrontare le questioni specifiche in seguito, nel corso del ricorso.
Il lavoratore ha 60 giorni dalla ricezione della comunicazione di licenziamento in Italia per impugnarla, il che può essere fatto inviando una lettera al datore di lavoro con ricevuta di ritorno o tramite posta elettronica certificata (PEC).
Successivamente alla spedizione della contestazione, è possibile depositare il ricorso entro 180 giorni.
Quando un lavoratore viene licenziato, quest’ultimo ha diritto a diversi benefici:
IL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO (TFR)
Innanzitutto, il lavoratore ha diritto al trattamento di fine rapporto (TFR), che corrisponde a uno stipendio moltiplicato per il numero di anni di servizio. Secondo l’articolo 2120 del Codice Civile, il TFR si calcola sommando una quota pari all’importo della retribuzione annua divisa per 13,5 per ogni anno di servizio. La retribuzione annua include tutte le somme corrisposte al lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro, escluse le spese di rimborso.
INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE (NASPI)
Inoltre, il lavoratore licenziato ha diritto all’indennità di disoccupazione, nota come NASPI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), che viene calcolata in base alle settimane contributive degli ultimi quattro anni. La NASPI è rapportata alla retribuzione imponibile degli ultimi quattro anni divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33. La NASPI subisce una riduzione del 3% ogni mese a partire dal primo giorno del quarto mese di fruizione. A partire dal 1° gennaio 2022, la riduzione è del 3% ogni mese a partire dal primo giorno del sesto mese di fruizione, e per i beneficiari che hanno compiuto 55 anni alla data di presentazione della domanda, la riduzione inizia dal primo giorno dell’ottavo mese di fruizione.
FERIE E PERMESSI NON GODUTI
Alla cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a liquidare le ferie non godute, permettendo così al lavoratore di ricevere un compenso per tali giorni non utilizzati. Questa liquidazione delle ferie non è possibile durante il normale svolgimento del rapporto di lavoro.
Analogamente, i permessi non utilizzati devono essere liquidati dal datore di lavoro, convertendoli in ore non godute e retribuite sulla base della paga oraria spettante nel mese di cessazione del rapporto.
TREDICESIMA E QUATTORDICESIMA
In caso di licenziamento, il lavoratore ha diritto alla liquidazione dei ratei maturati relativi alla tredicesima e alla quattordicesima mensilità, se previste dal contratto o dalla normativa applicabile.
IL PREAVVISO
Se il preavviso era dovuto ma non è stato concesso al lavoratore, quest’ultimo ha diritto al pagamento di un’indennità sostitutiva del preavviso.
Secondo quanto stabilito dall’articolo 2121 del Codice Civile, l’indennità deve essere calcolata includendo le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti, e ogni altro compenso continuativo, escludendo i rimborsi spese. Se il lavoratore è retribuito in parte o totalmente con provvigioni, premi di produzione o partecipazioni, l’indennità viene determinata sulla base della media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato. Inoltre, fa parte della retribuzione anche l’equivalente del vitto e dell’alloggio dovuto al lavoratore.
IL TICKET LICENZIAMENTO
Il ticket di licenziamento è un’imposta che il datore di lavoro deve versare all’INPS quando licenzia un dipendente con contratto a tempo indeterminato. Questo contributo ha lo scopo di scoraggiare i licenziamenti e di finanziare la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI). Per il 2024, l’importo del ticket di licenziamento è stato aggiornato dall’INPS e varia in base all’anzianità del dipendente. Per coloro con un’anzianità pari o superiore a 3 anni, l’importo massimo è fissato a 1907,01€. Se la durata del rapporto di lavoro è inferiore a un anno, l’importo è calcolato mensilmente, ovvero 52,97€ per ogni mese in cui il dipendente ha lavorato almeno 15 giorni. Anche in caso di licenziamento collettivo, il datore di lavoro è tenuto a versare il ticket di licenziamento, pari all’82% del massimale NASpI dell’anno in corso, per ogni 12 mesi di anzianità di servizio. Tuttavia, se il dipendente si dimette volontariamente, il datore di lavoro non è tenuto a pagare il ticket di licenziamento, salvo in due casi specifici: le dimissioni per giusta causa e quelle presentate durante il periodo di tutela legato alla maternità o alla paternità.