Quali sono le sanzioni per un licenziamento nullo in Francia?
Quando un licenziamento è nullo, il lavoratore può in linea di principio chiedere la reintegrazione.
Se non lo fa o se la reintegrazione è impossibile, ha diritto a un’indennità di preavviso e di licenziamento, ma anche a un risarcimento del danno causato dal licenziamento invalido, pari almeno a sei mensilità. In altre parole, la scala risarcitoria obbligatoria per il licenziamento senza causa reale e grave non è applicabile in caso di licenziamento invalido (cf. C. trav. L. 1132-3 e seguenti)
In quali casi il licenziamento può essere dichiarato nullo?
Un licenziamento può essere annullato se il motivo del licenziamento è vietato da disposizioni di legge o se c’è stata una violazione di una libertà fondamentale (C. trav., art. L. 1235-3-1; Cass. soc., 13 marzo 2001, n. 99-45.735).
Pertanto, ad esempio, è nullo
- il licenziamento per motivi economici pronunciato in assenza di una decisione amministrativa di convalida o di omologazione o in caso di decisione amministrativa negativa, o in caso di annullamento della decisione amministrativa di convalida o di omologazione quando tale annullamento si basa sull’assenza o sull’insufficienza di un piano di protezione del lavoro (C. trav., art. L. 1235-11; cfr. n. 170-40);
- il licenziamento di un dipendente durante il periodo di sospensione del contratto di lavoro a causa di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale, quando il datore di lavoro non giustifica né la colpa grave né l’impossibilità di mantenere il contratto di lavoro per un motivo non legato all’infortunio o alla malattia (C. trav., art. L. 1226-13; vedi n. 155-50);
- licenziamento di un dipendente in violazione delle norme relative alla maternità, alla paternità, all’adozione e all’educazione dei figli (C. trav., art. L. 1225-71; cfr. n. 145-20);
- licenziamento basato su un motivo discriminatorio (C. trav., art. L. 1132-4) o motivato dall’azione legale del dipendente per discriminazione (C. trav., art. L. 1134-4) o per violazione del principio di parità di trattamento tra donne e uomini (C. trav., art. L. 1144-3);
- licenziamento basato sull’azione legale intrapresa (Cass. soc., 3 feb. 2016, n. 14-18. 600; Cass. soc., 13 feb. 2019, n. 17-23.720), o anche solo previsto da un dipendente, in quanto tale licenziamento viola la libertà fondamentale di agire in giudizio (Cass. soc., 21 nov. 2018, n. 17-11.122);
- il licenziamento di un dipendente in spregio alle disposizioni relative alla tutela delle vittime o dei testimoni di molestie morali o sessuali (C. trav., art. L. 1152-3; C. trav., art. L. 1153-4);
- il licenziamento di un dipendente in base ai disturbi causati al funzionamento dell’azienda, quando la sua assenza è la conseguenza delle molestie morali di cui è stato vittima (Cass. soc., 30 gen. 2019, n. 17-31.473);
- il licenziamento di un dipendente in violazione delle disposizioni relative alla denuncia di un reato o di un illecito.
Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la presenza di un motivo vietato nella lettera di licenziamento comporta la nullità del licenziamento nel suo complesso, indipendentemente dall’esistenza di altre doglianze nella lettera (Cass. soc., 10 giugno 2015, n. 13-25.554; Cass. soc., 3 febbraio 2016, n. 14-18.600).
Licenziamento nullo: quali sono i diritti di un dipendente che chiede il reintegro?
Principio: reintegrazione su richiesta del dipendente. – Ogni dipendente il cui licenziamento sia nullo ha il diritto, in linea di principio, di chiedere la reintegrazione nel proprio posto di lavoro o, in mancanza, in un posto di lavoro equivalente (C. trav., art. L. 1235-3-1). L. 1235-3-1; C. trav. L. 1235-11; Cass. soc., 30 apr. 2003, n. 00-44.811).
Quando la reintegrazione è possibile, il dipendente deve essere reintegrato a livello di azienda o di unità economica e sociale, ma non a livello di gruppo (Cass. soc., 9 luglio 2008, n. 07-41.845; Cass. soc., 19 novembre 2008, n. 07-43.215).
ATTENZIONE: finché il datore di lavoro non ha reintegrato il dipendente nel suo posto di lavoro o in un posto di lavoro equivalente, né ha giustificato l’impossibilità di reintegro, non può licenziare il dipendente per aver rifiutato una modifica del suo contratto di lavoro: tale licenziamento è nullo (Cass. soc., 5 dic. 2018, n. 16-19.912).
La reintegrazione del lavoratore in azienda è accompagnata dall’attribuzione di un’indennitàche risarcisce il pregiudizio subito dal lavoratore a causa della perdita della retribuzione e il cui importo varia a seconda dell’origine della nullità del licenziamento:
- il lavoratore protetto il cui licenziamento deve essere autorizzato e che è stato licenziato senza preventiva autorizzazione ha diritto a un’indennità forfettaria pari all’importo della retribuzione che avrebbe percepito nel periodo compreso tra il licenziamento e la data di reintegrazione, senza dedurre i redditi e le indennità percepiti durante tale periodo (Cass. soc, 10 ottobre 2006, n. 04-47.623), a condizione che il dipendente chieda il reintegro prima della scadenza del periodo di tutela (Cass. soc., 10 dicembre 1997, n. 94-45.254). L’indennizzo è dovuto anche se la richiesta di reintegrazione viene presentata dopo la scadenza del periodo di tutela per motivi non imputabili al lavoratore (Cass. soc., 18 dic. 2013, n. 12-23.745),
- quando la nullità del licenziamento sancisce il mancato rispetto di una libertà fondamentale o di un diritto garantito dalla Costituzione, l’indennità è anch’essa forfettaria e non soggetta a deduzione. È il caso del licenziamento legato all’esercizio del diritto di sciopero (Cass. soc., 2 febbraio 2006, n. 03-47.481; Cass. soc., 25 novembre 2015, n. 14-20.527; cfr. n. 215-45). Lo stesso vale per il licenziamento discriminatorio basato sullo stato di salute del lavoratore (Cass. soc., 11 luglio 2012, n. 10-15.905), per il licenziamento che viola la libertà del lavoratore di adire le vie legali (Cass. soc., 21 novembre 2018, n. 17-11.122) o per il licenziamento discriminatorio basato sull’attività sindacale del lavoratore (Cass. soc., 9 luglio 2014, n. 13-16.434);
- gli altri dipendenti possono chiedere un risarcimento per il periodo che intercorre tra il licenziamento e la reintegrazione, fino all’importo della retribuzione di cui sono stati effettivamente privati. Questo è il caso in cui la nullità del licenziamento è dovuta alla nullità del piano di protezione del lavoro – PSE (Cass. soc., 3 luglio 2003, n. 01-44.717), all’inosservanza delle disposizioni relative alla tutela della maternità (Cass. soc., 16 novembre 2011, n. 10.535), 16 novembre 2011, n. 10-14.799), alla nullità del licenziamento basato sulla denuncia in buona fede di fatti di molestie morali (Cass. soc., 14 dicembre 2016, n. 14-21.325) o del licenziamento pronunciato in violazione del principio di non discriminazione in base all’età (Cass. soc., 15 novembre 2017, n. 16-14.281). Tuttavia, il giudice deve tenere conto delle somme percepite tra il licenziamento e l’effettiva reintegrazione (stipendi di un’altra attività professionale, indennità di disoccupazione, ecc.) e dedurle dall’importo dell’indennità dovuta dal datore di lavoro. Se il datore di lavoro ha pagato troppo, ha quindi il diritto di chiedere al lavoratore di restituire la parte dell’indennizzo corrispondente al reddito sostitutivo percepito nel frattempo (Cass. soc., 12 febbraio 2008, n. 07-40.413).
Nota: il periodo di indennizzo non dà diritto a ferie retribuite (Cass. soc., 11 maggio 2017, n. 15-19.731).
Il fatto che il dipendente rinunci successivamente alla reintegrazione, anche se ordinata dal giudice, non lo priva retroattivamente di questo diritto. Tuttavia, l’indennizzo può coprire solo il periodo tra il licenziamento e la data di rifiuto della reintegrazione (Cass. soc., 26 settembre 2007, n. 06-40.039; Cass. soc., 17 febbraio 2010, n. 08-45.640).
ATTENZIONE: in tutti i casi, il dipendente reintegrato dovrà restituire le indennità di fine rapporto già percepite (Cass. soc., 28 marzo 2000, n. 98-40.228).
Nota: le indennità corrisposte in caso di licenziamento nullo possono essere cumulate con le indennità per irregolarità della procedura di licenziamento, in applicazione del principio del risarcimento integrale del danno.
Quali sono i diritti di un dipendente il cui licenziamento è nullo e che non chiede il reintegro o il cui reintegro è impossibile?
Risarcimento di diritto comune. – Il dipendente non è obbligato a chiedere la reintegrazione. Se non lo richiede, ha diritto (C. trav., art. L. 1235-3-1; C. trav., art. L. 1235-11):
- se applicabile, al trattamento di fine rapporto, ossia all’indennità di licenziamento legale, convenzionale o contrattuale (Cass. soc., 9 ott. 2001, n. 99-44.353);
- se non l’ha già percepita, all’indennità di preavviso indipendentemente dal motivo del licenziamento e quindi anche se non può svolgerlo, ad esempio, a causa di una lunga malattia (Cass. soc., 2 giugno 2004, n. 02-41.045);
- indipendentemente dalla sua anzianità e dal numero di dipendenti dell’azienda, a un’indennità che compensi l’intero pregiudizio derivante dalla natura illegittima del licenziamento, che deve essere almeno pari alle ultime 6 mensilità (Cass. soc., 2 giugno 2004, n. 02-41.045; Cass. soc., 7 maggio 2014, n. 13-10.552). Questa indennità non è soggetta a un tetto massimo.
L’articolo L. 1235-3-1 del Codice del lavoro francese specifica che non si applica la tabella delle indennità per il licenziamento senza causa reale e grave di cui all’articolo L. 1235-3 del Codice del lavoro.
Questa indennità, che è almeno pari agli stipendi degli ultimi sei mesi, può essere combinata con un rimborso dello stipendio per il periodo coperto dalla nullità, quando il pagamento dello stipendio è dovuto.
L’articolo L. 1235-3-1 del Codice del lavoro stabilisce, nella sua nuova formulazione, che i salari sono dovuti :
- in applicazione delle disposizioni relative alle tutele legate alla maternità, alla paternità, all’adozione e all’educazione dei figli (C. trav., art. L. 1225-71) ;
- in applicazione delle disposizioni relative ai dipendenti protetti (status di protezione legato all’esercizio di un mandato o alla candidatura di un dipendente; C. trav. L. 2411-1 a C. trav. L. 2411-25).
Reinserimento materialmente impossibile. – Queste indennità sono dovute anche quando la reintegrazione è materialmente impossibile. Ciò avviene, ad esempio, quando:
- il dipendente ha liquidato i propri diritti pensionistici, sia che non sia protetto (Cass. soc., 14 nov. 2018, n. 17-14.932), sia che sia un dipendente protetto (Cass. soc., 13 feb. 2019, n. 16-25.764);
- il dipendente è colpevole di atti di concorrenza sleale dopo il licenziamento (Cass. soc., 25 giugno 2003, n. 01-46.479);
- o in caso di liquidazione della società (Cass. soc., 20 giugno 2006, n. 05-44.256).
Né il datore di lavoro né il giudice possono opporsi alla reintegrazione se questa non è materialmente impossibile (Cass. soc., 14 febbraio 2018, n. 16-22.360).
Nota: le indennità previste dagli articoli L. 1235-3-1 e L. 1235-11 del Codice del lavoro sono completamente esenti dall’imposta sul reddito (CGI, art. 80 duodecies).
Licenziamento nullo: l’indennità dei dipendenti protetti (salariés protégés)
Indennità forfettaria per violazione dello status di protezione. – Quando un dipendente protetto viene licenziato senza l’autorizzazione dell’ispettore del lavoro, il licenziamento è nullo. Se il dipendente non chiede di essere reintegrato nell’azienda, può chiedere un’indennità forfettaria per violazione dello status di protezione. Questa è pari al salario che avrebbe dovuto percepire tra la data del suo allontanamento dall’azienda e la scadenza del periodo di protezione in corso (cioè fino alla fine del mandato rimanente, più l’eventuale periodo di protezione previsto alla fine di esso), fino a un massimo di 30 mensilità (Cass. soc., 15 apr. 2015, n. 13-24.182; Cass. soc., 15 mag. 2019, n. 18-11.036).
Il datore di lavoro è tenuto a rimborsare le indennità di disoccupazione al Pôle emploi?
Il datore di lavoro è tenuto a rimborsare al Pôle emploi la totalità o una parte delle indennità di disoccupazione versate dalla data del licenziamento fino alla data della sentenza, fino a un limite di sei mesi di indennità per ciascun lavoratore interessato (C. trav., art. L. 1235-4), quando il licenziamento :
- è nullo a causa dell’assenza di una decisione di convalida o approvazione del piano di protezione del lavoro o del suo annullamento a causa dell’inadeguatezza del piano di protezione del lavoro (C. trav., art. L. 1235-11);
- si basa su un motivo discriminatorio (C. trav., art. L. 1132-4);
- fa seguito a un’azione legale intrapresa dal dipendente sulla base di disposizioni relative al principio di non discriminazione (C. trav., art. L. 1134-4);
- segue un’azione legale intrapresa dal dipendente sulla base delle disposizioni relative alla parità professionale tra donne e uomini (C. trav., art. L. 1144-3);
- si è verificato in violazione delle disposizioni relative alle molestie morali (C. trav., art. L. 1152-3);
avvenuti in violazione delle disposizioni relative alle molestie sessuali (C. trav., art. L. 1153-4).
Avv. Aurora Visentin
Avvocato a Parigi specializzata in diritto del lavoro